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Il gender divide nell’Everywhere Workplace: tutte le differenze

Com’è davvero l’Everywhere Workplace per uomini e donne? Perché c’è un gender divide e quali sono gli svantaggi?

Negli ultimi due anni ci sono state molte speculazioni, ma ora le risposte arrivano sotto forma di dati reali — raccolti nel report “2022 Everywhere Workplace” da Ivanti — dall’intervista diretta delle persone che lo stanno vivendo.

La tendenza a “lavorare ovunque”, accelerata dalla pandemia, sta portando allo smantellamento e alla re-immaginazione di diverse caratteristiche del luogo di lavoro tradizionale. Se pensiamo ad alcune innovazioni del XX secolo — l’introduzione di giornate lavorative con orario 9–5, l’ascesa del desktop computing, il potenziamento dei trasporti per i pendolari ecc. — potremmo dover rimettere in discussione la nuova normalità.

L’87% degli intervistati da Ivanti — più di 4000 dipendenti e 1600 professionisti IT — ha affermato che non vorrebbe più lavorare in ufficio a tempo pieno: solo il 13% ha espresso la sua preferenza per l’ufficio, il resto si è diviso in un 15% che vorrebbe lavorare da ovunque, in un 42% che preferisce un modello ibrido e in un 30% che vorrebbe lavorare da casa.

Scavando più a fondo, però, la ricerca di Ivanti ha evidenziato significative differenze nelle linee di genere – un vero e proprio gender divide -riguardo l’esperienza di lavoro remoto e ibrido.

Il gender divide nel lavoro agile

datori di lavoro sono tentati di implementare una soluzione unica per tutti al lavoro a distanza, per via del risparmio di costi e della sua semplicità di implementazione, ma rischiano di omogeneizzare l’esperienza di persone che hanno esigenze completamente diverse.

Tra i vantaggi dell’Everywhere Workplace e del lavoro agile dei professionisti IT, al primo posto per gli uomini c’è il risparmio di tempo dovuto agli spostamenti ridotti (43%), mentre per le donne il lavoro flessibile (42%), a pari merito con un miglior work-life balance. Anche prima della pandemia, più donne che uomini hanno tradizionalmente richiesto un lavoro flessibile.

Se andiamo nel dettaglio della ricerca, nel 10% delle persone che hanno sperimentato effetti negativi sulla loro salute mentale a causa del lavoro distanza, il 56% è donna (contro un 44% degli uomini). La possibilità di lavorare da casa è molto preziosa per chi ha figli, ma i vincoli orari di un lavoro a distanza replicati su quelli d’ufficio hanno penalizzato soprattutto le donne.

La didattica a distanza, le decisioni sulla salute e altre responsabilità quotidiane durante la pandemia sono ricadute soprattutto sulle donne, che rispetto agli uomini hanno avuto tre volte in più di probabilità rispetto agli uomini di essere il principale caregiver dei figli. La sociologa Arlie Hochsild ha coniato il termine “second shift”, per indicare il fatto che le donne non sono impegnate solo con il lavoro, ma hanno anche “secondo” lavoro domestico non retribuito.

La mancanza di aiuto nel gestire i figli, infatti, è la principale preoccupazione delle donne relativa al lavoro a distanza e la flessibilità, ove concessa, è stata tra i vantaggi di cui le donne hanno beneficiato maggiormente.

L’impatto sulla salute mentale dei dipendenti, nel caso dell’IT, è stato più elevato tra le donne, che hanno dovuto sopperire a un aumento del carico di lavoro e districarsi tra le difficoltà genitoriali. Con l’introduzione di nuove tecnologie, infatti, servivano risposte immediate alle richieste e ai problemi IT, con disponibilità e supporto 24/7 del dipartimento IT. Il 72% degli intervistati IT ha ammesso di aver perso personale per via di elevati carichi di lavoro. Una problematica che può essere risolta con l’automazione dell’Everywhere Workplace.

Le preoccupazioni degli uomini, invece, erano più direttamente orientate alla carriera. Il 10% ha riferito che non era stato in grado di passare molto tempo con i dirigenti, mentre il 9% ha riferito di essere stato scavalcato per una promozione.

Significativo che abbiano sperimentato difficoltà nella mobilità verso l’alto e nella scarsa valorizzazione del proprio talento, tipiche delle donne in un contesto d’ufficio.

Cosa fare per ridurre il gender divide

Di fronte a questa eterogeneità di esigenze, i datori di lavoro devono adottare una tecnologia che faciliti la collaborazione e diminuisca la disparità di esperienze tra sessi.

I dipendenti sono la risorsa principale di un’organizzazione e ciascuno ha le sue aspettative relativamente al lavoro a distanza: le loro preferenze devono essere considerate quando si pianifica la tecnologia. Il loro input, infatti, deve essere primario in ogni implementazione tecnologica.

Le organizzazioni devono essere quindi guidate in un percorso di costruzione dell’Everywhere Workplace che permetta di gestire centralmente tutte le postazioni, assicurando la loro disponibilità e la sicurezza, ma anche di personalizzarle secondo le esigenze di ogni persona.

*L’articolo, a firma Camilla Bottin, è stato originariamente pubblicato su Catobium – Il Magazine dei Writers di Catobi. 

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